Caricare foto sui profili social senza consenso espone a rischio di sanzioni privacy. È quanto desumibile da una sentenza olandese, i cui principi valgono in Italia e in tutti i paesi dell’Ue in cui si applica il Regolamento sulla protezione dei dati n. 2016/679 (Gdpr). La pronuncia della corte olandese di Gederland del 13 maggio 2020, resa nel giudizio C/05/368427, accogliendo il ricorso della mamma di un minore di 16 anni, ha ordinato a una nonna di rimuovere le foto di quest’ultimo da Facebook e da Pinterest, fissando una penale giornaliera (50 euro fino a un massimo di mille) in caso di ritardo nella cancellazione. Nel caso specifico, la decisione è stata basata sul fatto che la nonna non ha chiesto il benestare ai genitori.
Il problema giuridico, affrontato dal tribunale olandese, concerne la portata dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera c) del Gdpr, noto come «esimente domestica». Questo articolo dice che la normativa sulla privacy (e, quindi, l’obbligo del preventivo consenso) non si applica ai trattamenti di dati effettuati da una persona fisica per l’esercizio di attività a carattere esclusivamente personale o domestico.
Premesso che le attività che presentano aspetti professionali o commerciali non possono rientrare nell’esenzione per l’esercizio di attività a carattere personale o domestico, ci si chiede se questa regola (di esonero dal Gdpr) possa valere quando si postano foto di parenti e amici sull’account social. La Corte olandese ha analizzato il problema e ha fatto alcune constatazioni.
Da un lato, si legge nel provvedimento, non si può escludere in assoluto che pubblicare una foto su una pagina Facebook personale possa rientrare in un’attività puramente personale o domestica.
Dall’altro lato, però, nella singola vicenda giudiziaria la nonna non ha chiarito come i suoi account siano stati impostati e protetti e non ha dimostrato che sia stata bloccata la possibilità di reperimento delle foto tramite i motori di ricerca generale (come Google); inoltre non si può escludere che le foto inserite possano essere viste da altri o che possano arrivare nelle mani di terzi.
Questi profili hanno convinto i giudici olandesi a ritenere applicabile il Gdpr: da qui l’obbligo per i nonni di chiedere il consenso ai genitori per postare le foto dei nipoti.
La pronuncia è molto rilevante sia perché generalizzabile a tutti i casi in cui si postano sul proprio profilo social foto o video di terzi (non solo parenti); sia, soprattutto, perché interpreta restrittivamente l’articolo 2 Gdpr. La norma non si applica ai trattamenti effettuati per scopi «esclusivamente» personali, e una comunicazione sistematica, attraverso i social media, fa seriamente dubitare di tale esclusività.
Per approfondire la questione, va rammentato che il Considerando n. 18 al Gdpr spiega che il Regolamento Ue non si applica a corrispondenza e agli indirizzari, o alla socializzazione in rete e alle attività in linea intraprese nell’ambito di tali attività a carattere personale o domestico.
Il regolamento, però, non precisa se le regole della privacy (tra cui il consenso) si applicano ai trattamenti di dati per scopi personali quando si verifica una diffusione o una comunicazione sistematica.
La sentenza olandese avalla una interpretazione per cui la diffusione o la comunicazione sistematica sono trattamenti esterni tali da sconfinare, per definizione, in un ambito non personale.
Secondo questa lettura è «personale» il trattamento quando è governabile dalla persona fisica e se quest’ultima ha sempre sotto controllo la circolazione del dato. Se si passa questa barriera, si accetta il rischio di diventare titolari del trattamento.
Un fattore che deve essere preso in considerazione è, quindi, se i dati personali sono messi a disposizione di un vasto numero di persone.
Va chiarito che, in ogni caso, l’esclusione del regolamento non significa esclusione di qualsiasi regolamentazione. Bisogna, infatti, tenere conto delle tutele civilistiche e penalistiche: pertanto, anche nei casi in cui il regolamento non si applica al trattamento per scopi personali, continuano ad applicarsi le disposizioni a salvaguardia di corretti e rispettosi rapporti personali (ingiuria, diffamazione, tutela dell’immagine, ecc.).
Fonte: Italia Oggi Sette dell’8 giugno 2020